Timoniere verace del gusto, Gianfranco Pascucci tiene dritta la barra del suo Pascucci al Porticciolo di Fiumicino (vedi la recensione di Maurizio Bertera per Il Ristonauta) portando in tavola l’essenza del mare e del territorio multiforme che su esso si affaccia: dal pesce, in tutte le sue varietà e sapori, agli ortaggi ed erbe aromatiche della macchia mediterranea intrisa di sale. Alla voce “segni particolari”, la sua carta d’identità potrebbe tranquillamente riportare Cuoco di Mare. Dove Cuoco e Mare sarebbero in maiuscolo, a sottolineare la grandezza di uno chef che sa essere interprete rispettoso di un universo di materie prime autoctone e di una profondità delle acque che non finisce mai di incantare e appassionare. Non si ferma alla superficie, ma scende in profondità, scandaglia fondali, anfratti, storie, tradizioni per aggiungere estro a una materia che plasma senza intaccare, modella in un caleidoscopio di forme e colori che mai ne snaturano l’essenza. Un’opera, la sua, che non “confonde le acque”, né strizza l’occhio a facili “ruffianerie” del mestiere, ma si alimenta di amore per il territorio, di sapori, profumi e colori da esaltare con gli unici ingredienti necessari: studio, ricerca e dedizione. I suoi racconti di isole e luoghi scoperti dal mare, a bordo di un catamarano, con il solo “rumore” del vento a fare da accompagnamento, sono poesie di gusto e appartenenza, di libertà e ascolto, di note salmastre e sconfinati orizzonti. Di sensi che si spalancano al desiderio di assaporare tutto il bello che c’è: al largo come a riva.
TRA FUOCHI E CAMBUSA, LA MAGIA DELLA CUCINA IN BARCA
Un mare calmo e silenzioso o, al contrario, inasprito dalle onde e sferzato dal vento, celeste o blu cupo. Una barca che lo attraversa. Il cielo, il sole, le nuvole o i fulmini e quello sciabordio che diventa la melodia più soave o tumultuosa al mondo. In questo navigare, placido o irrequieto, alla scoperta di realtà mutevoli, Chef Pascucci non ha intenzione di rinunciare alla sua più grande passione, la cucina, che rende parte viva dell’esperienza. La barca, intesa come viaggio del suo fervido immaginario, è il mezzo che offre meglio e più di altri la possibilità di conoscere luoghi affascinanti anche da un punto di vista gastronomico. Salina, Capri, Ischia, Ponza, Ventotene sono solo alcune delle isole che Pascucci ha raggiunto, conoscendo in ognuna di esse un artigiano, il proprietario di una piccola vigna o di un modesto orto, un produttore di formaggi e, naturalmente, i pescatori locali, anima e faro di queste perle avvolte dal mare. Nelle sue e, quindi, nostre esplorazioni culinarie si parte dalla cambusa, da riempire rigorosamente con ciò che il territorio offre. La spesa si fa al mercato, nelle piccole botteghe, al porto. Una stiva ben fornita è fondamentale per poter cucinare su un’imbarcazione, che solitamente concede spazi ridotti per la realizzazione dei piatti. A fuochi e lavandino occorre dunque aggiungere estrema pulizia, idee chiare e un’ottima organizzazione.
Portarsi in cambusa il territorio è il valore più grande che accompagna la navigazione. Prodotti semi lavorati o lavorati, le bottarghe, i formaggi, l’olio. Lo spazio in frigorifero è poco, dunque prezioso. Le scorte si fanno attraverso una rete di piccoli produttori e artigiani che animano le coste e vivono di terra e mare. E poi il fresco, pesce in primis, di cui rifornirsi al mercato. Quindi ortaggi, origano, erbe aromatiche, timo, finocchio marino, capperi. Una cambusa straordinaria, che varia di isola in isola portando con sé l’unicità di quel pezzo d’Italia. Quando si consuma un ingrediente in rada, ha un sapore particolare: riporta ai profumi del luogo e ne svela i segreti. Il pesce, mangiato in barca, magari con i piedi nell’acqua, sa più di pesce, la percezione di iodio si accentua, il sapore di mare è penetrante.
Il contatto con i pescatori è fondamentale, al porto come in alto mare. Fare la spesa ai banchi del pesce, parlare con chi torna dalla pesca, attardarsi in banchina aspettando il rientro delle barche sono un rito e una scoperta rivelatrici del bottino e dello stato di salute delle acque. Discutere di reti, nasse, tecniche permette di respirare a pieni polmoni la vita delle persone che ogni giorno solcano il mare, con l’incognita della sua miglior o peggior generosità, del suo essere soggetto a ritmi ed eventi non prevedibili. Si sceglie e si acquista il pesce a terra e, talvolta, al largo, per poi pulirlo direttamente dalla barca, nell’acqua di mare. «Un contatto potente e assoluto, il sogno di ogni cuoco di mare» racconta Pascucci.
La cucina del mare segue i ritmi della natura e deve fare i conti anche con il possibile maltempo. Ecco perché la stiva è un elemento essenziale, un supporto per realizzare un piatto gustoso in qualsiasi circostanza, pure quando l’utilizzo della fiamma è sconsigliato. «In Italia siamo felici con pane e olio» ricorda lo Chef, rammentando in questa genuinità di espressione la grandezza del patrimonio gastronomico del nostro Paese. Pane, olio, aglio, pomodoro, origano, bottarga regalano emozioni. Così come le conserve e i barattoli di leccornìe che si trovano nelle botteghe o preparati dalle mogli dei pescatori con cui si familiarizza al porto. Prodotti naturali e straordinari che raccontano un tessuto sociale fatto di tradizioni e consuetudini, tramandate di generazione in generazione in abilità e gesti quotidiani.
SEMPLICITÀ: INGREDIENTE IRRINUNCIABILE DI UNA CUCINA IN MARE
La bellezza della navigazione è quella di (ri)condurre a ritmi più lenti, al gusto delle piccole cose, all’essenzialità, al piacere di assaporare il tempo e il contatto con ciò che ci circonda ma che raramente abbiamo l’opportunità di fare nostro. Lussi autentici che valgono anche in cucina, dove la semplicità è un dogma, oltre che una bella riscoperta. Un buon pane casereccio, magari scaldato, un pezzo di formaggio, olio locale, pomodori, pesce. Una tavola minimale apparecchiata in pozzetto, una buona bottiglia di vino, meglio se di un vitigno autoctono, la luce intima di una lanterna a gas, la volta stellata, il mare e la condivisione del cibo come parte integrante dell’esperienza, tra racconti, aneddoti e chiacchiere che non di rado vanno avanti sino a notte fonda.
Le ricette? Per Chef Pascucci è importante che siano semplici e veloci. Suggerisce di valorizzare la pasta, specie quella corta, con gustosi sughetti di pesce dopo averla cotta in metà acqua dolce e metà salata. Il pesce crudo, fresco, va lavorato pochissimo. In barca non c’è la necessità di cimentarsi in lunghe e complesse ricette, meglio privilegiare l’ispirazione al territorio che si sta attraversando. La materia prima, quindi, è l’unica vera protagonista. Se si ha a disposizione un piccolo forno, lo si può utilizzare per cuocere pesce e verdure, mentre ai fuochi ci si dedica ad altro. Per il resto, Gianfranco Pascucci invita a prediligere crudo o cotture veloci, alleati di una gestione pratica della cucina di bordo. Durante le sue traversate ha anche utilizzato piastre di sale, da lui realizzate, come base per appoggiare crostacei freschi, o le pietre laviche dell’isola di Vulcano, servite come mezzo per ripassare un polpo bollito. Il territorio si palesa anche negli strumenti utili alla realizzazione del piatto, come se tutto concorresse a parlare la lingua del luogo.
DUE RICETTE DI PASCUCCI DA REALIZZARE IN BARCA
Misticanza di orti isolani, finocchio marino, palamita scottata, colatura di alici, emulsione di mandorle e capperi. Un piatto fresco, perfetto da preparare a bordo. Le insalatine raccolte negli orti isolani, dal lieve sentore marino, e il finocchietto accompagnano dei bocconcini di palamita passati nel pane raffermo grattugiato. Basta una veloce scottata in padella per preservarne il cuore rosa e poi l’incontro con la misticanza, insaporita con un filo di colatura di alici e condita con un’emulsione di mandorle e capperi. Un dialogo continuo tra ingredienti di terra e di mare, che anche in questo piatto semplice porta l’inconfondibile firma dello Chef.
Seppia marinata con arachidi, limone, arance e finocchietto selvatico. A Salina Chef Pascucci ha realizzato una rivisitazione rapida di un piatto amatissimo al Porticciolo. Seppie freschissime e ingredienti mediterranei a regalare profumo. Per renderla più croccante, la carne della seppia viene marinata per circa 15 minuti in sale e zucchero, con aggiunta di finocchietto delle Eolie. Si prepara a parte una citronette con succo di limone, olio, zenzero (leggermente profumato e piccantino), pepe, zest (genericamente scorza) del limone e una punta di miele. La seppia viene poi sciacquata e asciugata, affettata sottilissima come fosse un lardo, condita con zest di arancia, qualche arachide salata per una nota in più di croccantezza e a finire con la citronette. Un piatto che profuma di Mediterraneo.
Abituato a portare sempre il territorio nella sua cucina di Fiumicino, quale protagonista indiscusso della sua filosofia gastronomica, Gianfranco Pascucci ha voluto portare la sua cucina nel territorio, direttamente in barca. Una incursione virtuosa, molto apprezzata da Gente di Mare 2.0 e dai lettori de Il Ristonauta, che dimostra come l’universo mare possa essere interpretato con grande sensibilità e passione non solo nelle cucine super attrezzate dei migliori ristoranti, ma anche cullati dalle onde e in spazi non sempre agiatissimi. Basta seguire il territorio. E, ovviamente, i semplici, ma non banali, consigli del Cuoco di Mare Pascucci.