(di Olimpia De Casa)
In una società sempre più codificata e votata all’esposizione di sé, intesa come esaltazione e divulgazione dell’immagine che di sé si vuole affermare, in un’epoca di primedonne segnata dal presenzialismo, dal protagonismo, dal bisogno di ottenere, o quantomeno cercare, visibilità per “esserci” e quindi avere un peso e una credibilità, vera o presunta, da spendere, lei va decisamente controcorrente. La sua “riconoscibilità” Martina Zuccon preferisce costruirla dedicandosi al suo lavoro di architetto, cui riserva tempo, energie e studio conditi sempre da infinita passione, dedizione, cura e tanta accuratezza. Complice, probabilmente, un’indole schiva ai riflettori, pensa a dare forma alle idee, a realizzare progetti, architetture, soluzioni e prodotti senza mai dare nulla per scontato o acquisito per sempre. «Coltivare il dubbio è l’insegnamento, il consiglio più prezioso, che mi ha trasmesso mio padre: quello di rimettere in discussione ogni scelta fatta, di provare sempre a migliorare il progetto che hai appena terminato, anche se venuto bene, di non darlo mai per concluso. Si può sempre migliorare e questo è “senza dubbio” il suo messaggio più forte, un suo principio ispiratore».
Il di lei padre è Gianni Zuccon, uno dei più grandi architetti nel panorama della produzione nautica, fondatore, nel 1972, insieme alla moglie, l’architetto Paola Galeazzi, dello studio di architettura e industrial design Zuccon International Project, che sull’approccio multidisciplinare ha costruito la sua forza e il suo successo internazionale. Attivo in ambiti diversi, dall’architettura civile a quella per uffici sino al product design, è infatti considerato uno degli studi più autorevoli al mondo nel settore della nautica di lusso. Al timone – in una nuova sede di rappresentanza immersa nel verde di Via della Camilluccia, a Roma – ci sono oggi i figli dei fondatori, Martina e Bernardo, già responsabili del brand Zuccon SuperYacht Design e protagonisti attivi nello studio di famiglia da diversi anni. «Dal settembre del 2005, per esattezza. Avevo appena conseguito la laurea quinquennale in Architettura all’Università La Sapienza e, al rientro da un mese di vacanza, ho iniziato a lavorare in studio. Per me e Bernardo (di due anni più piccolo) è stata una bella fortuna poterci dedicare all’attività di famiglia, avere la possibilità di partecipare sin da subito alle riunioni e allo scambio di idee tra tutte le figure coinvolte, fare una formazione molto intensa, ma il messaggio dei nostri genitori era stato chiaro, prevedeva che ci laureassimo e senza sconto alcuno, vedi titolo universitario conseguito fuori corso. Lo abbiamo fatto entrambi nei tempi previsti e da quel momento lavoriamo in team». Fornendo, ognuno, l’apporto più congeniale alle proprie specificità e inclinazioni, ma sempre e comunque condividendo proposte, scelte e soluzioni. «Non ricordo nemmeno un progetto in cui non ci sia stato un impegno corale. Non ci dividiamo, almeno nell’ambito della progettazione, i lavori. Ci dedichiamo a ogni nuovo studio insieme e lo facciamo ovviamente anche con i “ragazzi” e le “ragazze”, come li chiamo io, che collaborano con noi. Preferisco parlare dell’attività dello studio più che della mia, perchè è sempre frutto di un’elaborazione di squadra. Poi, oltre all’architettura, c’è tutto il resto da seguire. Bernardo, ad esempio, si occupa maggiormente, insieme ad Alice Cislaghi (di Sculati & Partners, ndr), della parte comunicazione, gli riesce bene, sa esprimere e trasmettere il messaggio nella maniera giusta. Io, invece, anche se non è proprio la mia passione, di quella amministrativa. Credo di aver eriditato questa capacità di sapermi destreggiare contemporaneamente in tante abilità diverse da mamma. Lei in questo era molto brava, faceva il suo lavoro di architetto, disegnava esterni e interni, ma si dedicava anche all’attività amministrativa. Il fatto di riuscire a realizzare tanto e bene è stato sicuramente un insegnamento prezioso e una bella fonte di ispirazione».
Quindi, tra fratelli architetti, protagonisti ed eredi del patrimonio di competenze e abilità dello studio di famiglia, non c’è mai stata “competizione”? «IO E BERNARDO SIAMO CARATTERIALMENTE MOLTO DIVERSI, LO SIAMO SEMPRE STATI. Rispetto al passato, quando convivevamo in territori lontani da quelli lavorativi, le differenze si sono in qualche modo attutite: è subentrato il “cerchiamo di venirci incontro”, ognuno per le sue capacità e qualità, per creare una combinazione che ci aiutasse ad andare avanti e a crescere. Al di là delle attitudini personali, entrambi abbiamo buone intuizioni progettuali, una capacità che in qualche modo mette al riparo dall’entrare in conflitto, pur nelle diversità di fondo. Lui è abile nella comunicazione, io nella precisione. Indubbiamente più quadrata (lascio ad altri la positività o meno della lettura), molto concreta, mi piace chiacchierare poco, mi viene più naturale andare al dunque».
Il dunque: un “servizio” che lancia la palla nel campo dei lavori, dei progetti in cui Martina o, più coerentemente, lo studio Zuccon è attualmente impegnato.
«Il lavoro non manca, direi che non ci possiamo lamentare. Ci sono progetti nuovi, sia sulla parte in vetroresina di Sanlorenzo per implementare le gamme SL, SD, SX e la neonata SP, sia sul metallo dove c’è tanto, tanto lavoro. Fortunatamente stanno replicando alcune barche, cosa che per una costruzione in metallo non è uno scherzo. Normalmente sono degli unicum, il fatto di riuscire a soddisfare più clienti con lo stesso modello è un motivo di grande orgoglio. Stiamo lavorando parecchio anche sui Bluegame, sia su quelli tradizionali, sia sui BGX e sui nuovi BGM, i catamarani a motore».
Se volessimo selezionare un progetto dello studio che ha rotto con gli schemi, che ha introdotto soluzioni inedite o particolarmente sfidanti?
«Sicuramente sul 44 Alloy di Sanlorenzo c’è un impianto di ponti sfalsati che ha consentito di avere una cabina armatoriale su più livelli, un loft che in una barca di 44 metri non si era mai visto. Di sperimentazione su quello yacht ne è stata fatta davvero tanta, è uno dei progetti di cui andiamo più fieri in assoluto. Un percorso nuovo che abbiamo veramente amato percorrere». Una ricerca condotta in porto con successo e con un riconoscimento internazionale, il World Superyacht Award 2022, cui lo studio ha concorso progettando le linee esterne. Con Sanlorenzo i fratelli Zuccon hanno iniziato a collaborare in prima persona dal 2015, anno in cui terminava l’epoca dei progetti con il Gruppo Ferretti e si apriva quella al fianco del cantiere presieduto da Massimo Perotti. «A proposito di sperimentazione, non posso non ricordare il primo asimmetrico di Sanlorenzo, il 102, un progetto di 31 metri audace e innovativo che ha riscritto gli equilibri di bordo portando il concetto di asimmetria su un’imbarcazione planante: una sfida fantastica e interessante che ha consentito di recuperare circa dieci metri quadrati di superficie in favore degli ambienti interni e di massimizzare vivibilità e flessibilità d’uso».
Il settore dello yacht, in tutte le sue sfaccettature, è quello a cui Martina Zuccon dedica il 90% del suo tempo. «Mi piace occuparmi del progetto in ogni fase, dallo sviluppo delle prime idee sino al seguire in cantiere la realizzazione di ogni dettaglio. Lavoro moltissimo alla definizione dei piani generali, mi appassionano e su questi ho maturato una bella esperienza. Significa essere di fatto impegnati su tutto, avere sempre un occhio aperto sugli esterni, cui ho lavorato maggiormente in passato, per cercare di sposare al massimo i volumi dell’imbarcazione con i suoi contenuti. È un processo che richiede una visuale e una visione a 360°».
Gli orizzonti aperti, non è un caso, rappresentano la cifra di Zuccon International Project, studio che si è sempre occupato anche di extra nautica, esplorando più mondi.
«Uno dei mantra dei miei genitori, che peraltro è ben radicato in tutti noi, è proprio quello di non puntare su uno studio monotematico, ma di approcciarci a qualunque tipo di progetto. È un orientamento che consente di aggiungere competenze, non di limitarne altre: dalla contaminazione dei vari settori possono nascere solo nuovi stimoli. A quello prevalente della nautica si è sempre affiancato quello dell’architettura, in particolare di uffici, ma anche di residenze private e, in passato, di mezzi di trasporto terrestri. In questo momento ci stiamo inoltre dedicando al product design.
Per Poltrona Frau abbiamo appena disegnato un sistema componibile di divani, Jacques-Yves, che strizza l’occhio alla nautica perchè ha delle caratteristiche intrinseche che ne consentono l’utilizzo a bordo. Abbiamo potuto sfruttare la nostra esperienza per realizzare una soluzione esteticamente bella e nello stesso tempo con una serie di requisiti funzionali che si sposano al meglio con la forma del divano. Chiaramente è stato possibile anche grazie al supporto e al background di Poltrona Frau, azienda dalla grande tradizione artigiana e con un dna di manifattura e cura del dettaglio impeccabili».
Quale augurio sente di fare a se stessa Martina Zuccon?
«Pur essendo una persona abbastanza ambiziosa, che mette tutto il suo tempo e il suo impegno nelle cose che fa, la mattina non mi sveglio dicendomi “vorrei proprio fare questo”. Ciò significa che sono soddisfatta del mio quotidiano. L’unico desiderio che mi sento di esprimere è di poter continuare a fare tutto ciò che faccio oggi, ma con tempi diversi, un po’ più tranquilli». A proposito di spazi, intendo propri, l’attività professionale consente di dedicarsi a sè?
«Oltre al mio lavoro, amo molto viaggiare, leggere e dedicarmi alla realizzazione di piccoli gioielli, ma sono onesta: avendo figli piccoli, la gran parte del (poco) tempo libero è stata ed è focalizzata più sulle loro passioni che sulle mie».
Che dire, anche in questa esternazione c’è tutta la solidità e maturità di una persona, figlia, sorella e mamma, prima ancora che professionista affermata, che ama chiacchierare poco e andare al dunque. Chapeau!