(di Chiara Risolo)
In un mondo prolisso, ha il rassicurante dono della sintesi. Giorgio Besenzoni usa le parole come un arciere le sue frecce. Non spreca fiato. E soprattutto centra l’obiettivo. Complice il suo “essere bergamasco” che, al netto di pleonastici luoghi comuni, fa di lui un uomo risoluto, pragmatico e, senza avanzare spicciole diagnosi da psicologi della domenica, difficilmente incline al compromesso. Timoniere di Besenzoni, marchio leader nella progettazione e realizzazione di accessori per la nautica, ha parlato «a tu per tu» con Gente di Mare 2.0 della sua azienda, entrata ufficialmente nell’anno dei 55, dell’attuale stato di grazia del settore, appellandosi talvolta alla dea Scaramanzia. E di sé (poco). «Sono un padre di famiglia, nel tempo libero a disposizione che cosa vuole che faccia? Mi trasformo in un solerte tassista. Porto i miei figli avanti e indietro da amici, locali, tennis, calcio, pattinaggio…». La famiglia, già. Quel prezioso sangue dal quale, per il quale, con il quale e grazie al quale Besenzoni è diventata ciò che è: una realtà solida, autorevole. Sana. Il liquido di contrasto che evidenzia tutto questo, come sempre, sono i numeri: l’azienda serve e assiste i suoi clienti in 90 paesi del mondo, ha una rete commerciale strategica con 187 punti di rappresentanza e sette collezioni all’attivo per un totale di 170 prodotti.
LA FORMULA MAGICA NON ESISTE. Funziona così: «Si tengono in equilibrio tradizione e spirito di innovazione. L’artigianalità che ci contraddistingue non può prescindere da una continua ricerca per dare al mercato le risposte che richiede. Anche se in realtà, devo ammettere che il concetto di innovazione è di per sé relativo. Ciò che oggi sembra il non plus ultra, domani è già vecchio, superato. Per questo motivo noi di Besenzoni, per quanto concentrati su ciò che facciamo qui e ora, abbiamo nel Dna la voglia di andare sempre oltre». Benché possa sembrare una lettura romantica, non è un caso che il core business dell’azienda sia fatto di passerelle e scale, oggetti per natura al servizio del movimento, del raggiungimento di un obiettivo. A ciò si aggiunge senz’altro la capacità di diversificare: «La nostra produzione ha tre anime. Alla linea più tradizionale, ovvero quella in serie, si aggiungono Unica, dedicata ai grandi yacht con soluzioni di alta gamma, totalmente custom e Be-Elettric perché essere green non significa soltanto stare al passo con i tempi. È, prima di tutto, un atto di coscienza».
A PROPOSITO DI UNICA, è davvero irresistibile la tentazione di farsi raccontare qualche aneddoto legato a richieste folli di fortunati billionaires: «Ribadisco quanto detto prima in merito al concetto di innovazione. Di fatto, e non è presuntuoso ammetterlo, nulla è impossibile. Dieci anni fa una passerella solo per il cane sembrava assurda, ora è la normalità. Come lo sono le luci lungo i gradini delle scale perché molti armatori desiderano fare il bagno di notte e pertanto hanno la necessità di scendere in mare in totale sicurezza». Chapeau monsieur.
LA NETTA SENSAZIONE È CHE NULLA GLI TOLGA IL SONNO. Nemmeno i saloni che saltano come mine a causa dell’emergenza sanitaria, vedi Düsseldorf. «Non ci saremmo andati comunque. Perché rischiare? La vetrina per un’azienda è importante, certo, ma conta molto di più la salute delle persone. Che senso ha pubblicizzare un prodotto se poi tra quarantene e limitazioni del caso, non si ha la forza lavoro per realizzarlo?». «Lo scorso Novembre ho mandato otto dei miei collaboratori al Mets di Amsterdam. Il giorno stesso in cui sono arrivati, l’amministrazione locale ha annunciato il lockdown. Li ho chiamati e ho detto loro: rimettete tutto sui camion e tornate a casa». «Ci rifaremo a Cannes, Genova, Monaco…». «Non teme che possano saltare anche questi?». «Toccando ferro, no. E poi sono bergamasco, metalmeccanico, mi parli del presente». D’accordo. Non per essere ostinatamente pessimisti, ma se vogliamo parlare di presente, non possiamo non rammentare il problema dell’approvvigionamento delle materie prime. Per quanto il settore nautico stia vivendo un momento d’oro, con questa criticità bisogna fare i conti. «Vero, ma anche in questo caso no panico. Noi di Besenzoni anzitutto abbiamo sempre fatto grandi scorte di materiali. Se siamo in difficoltà al posto di chiamare due o tre fornitori, ne chiamiamo dieci e poi, mi creda, il cliente finale non è stupido, comprende la contingenza».
NIENTE DA FARE, GIORGIO BESENZONI è imperturbabile, sicuro di sé e della solidità del suo team. Tradisce emozione, con un sorriso spalancato quando gli si rammenta una foto. Un bellissimo bianco e nero che ritrae tutta la famiglia nel giorno del cinquantesimo anniversario dell’azienda. A guardarla basterebbe da sola per scrivere un pezzo. Evoca unione, orgoglio, passione, allegria, eleganza. Ritmo. Un fermo immagine talmente vitaminico che suggerisce una domanda: «Come si immagina la sua Besenzoni tra altri 55 anni?». «Con i calici rivolti verso l’alto a festeggiare i suoi 110».