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"Nel ricordo di Alessandro Risolo"

A tu per tè con Francesca Natali

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Una bevanda “semplice”, ma al tempo stesso rara, ricercata, poetica. Il tè sublima una storia millenaria fatta di cultura, saperi, abitudini di portata storica e sociale. Gente di Mare 2.0 ha incontrato Francesca Natali, una delle più grandi studiose delle tradizioni legate al suo rito
di Olimpia De Casa, foto di Matteo Barro, Carola Merello, Beatrice Perini

La passione di Francesca Natali per il tè e la sua storia è un toccasana di benessere. Appare infatti in tutto il suo valore sin dal primo dialogo, quello propedeutico all’organizzazione di un incontro mirato a conoscere i capisaldi di una tradizione millenaria che anche solo agli occhi di un neofita rimanda immediatamente a immagini di spiritualità cariche di emozioni e sacralità. Già dalle prime battute, dopo la doverosa premessa in cui manifesto la mia totale ignoranza in materia, il racconto che Francesca fa di sé e del suo rapporto con i trascorsi del tè mi ricorda la tecnica narrativa del flusso di coscienza, del monologo interiore in cui a emergere è l’individuo, con i suoi conflitti, le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue sensazioni.

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Il suo è un sapere profondo e approfondito, coltivato in anni di studio, ricerche, letture, viaggi, esperienze professionali, incontri e confronti con consumatori da formare o quantomeno guidare o, al contrario, cultori preparatissimi e molto esigenti. Sotto al nome, il biglietto da visita riporta Nutritional & Nutraceutical Consultant, ma anche Yoga & Tea Meditation Teacher. In realtà, Francesca Natali è molto altro. È innanzitutto una grande professionista del tè e, in particolare, delle tradizioni del rito del tè nel mondo, che ha saputo assaporare, metabolizzare ed elaborare in un vissuto personale sfociato anche nella meditazione himalayana. Un percorso che mette a disposizione di quanti desiderino entrare in meditazione attraverso il rituale del tè, «una pianta, apprezzata già duemila anni fa dai monaci zen, che ha due grandi proprietà: rinvigorire il corpo allontanando la fatica e calmare la mente». Ecco, penso tra me, inizia a venire a galla tutta la mia incompetenza. Ero infatti convinta che il tè rappresentasse un potente eccitante. «Contrariamente a quanto si pensa, alcuni tipi di tè come il Matcha, che non è in foglia ma in polvere, contengono degli aminoacidi, le teanine, che cambiano l’attività elettrica del cervello portandoci con facilità in frequenze di onde alfa tra gli 8 e i 13,9 Hertz, le stesse coinvolte in uno stato di rilassamento. Anche solo la sua osservazione è già un atto meditativo molto zen, che ci permette di stare nel qui e ora e di entrare in meditazione. Questo perché quando la foglia viene a contatto con l’acqua calda si apre e rilascia il suo aroma».

E io che pensavo che il tè fosse un semplice, seppur appagante, comfort drink… «Per molti effettivamente lo è. Un tramite, quindi, per entrare in relax, per accompagnare un dolce, per concedersi una coccola come quando si trascorre qualche ora in una spa. Sono queste le motivazioni che spingono, più generalmente una donna, ad entrare in un negozio specializzato in tè, infusi e tisane. Sono perlomeno quelle comuni, con tutti i distinguo del caso, alle clienti dei punti vendita che avevo in via Meravigli, via Melloni e al settimo piano della Rinascente, a Milano. Per il cliente uomo, invece, sempre generalizzando e sempre con il sorriso, l’investimento nel tè ha spiegazioni solitamente diverse. Con tutte le cautele necessarie a chi non desidera essere fraintesa accennando a differenze di genere, è vero che volendo fotografare in maniera “semplicistica” l’approccio all’acquisto, questo sottenda attitudini diverse. Mentre, ad esempio, la signora domanda puntualmente il prezzo, l’uomo non lo fa praticamente mai. Se la prima si stupisce quando le spieghi che ogni tè deve avere la sua teiera, l’uomo non fa un plissé. Questo solo perché è mediamente più esperto, disponibile ad acquistare gli accessori giusti alla preparazione e degustazione delle varietà più ricercate e preziose, conscio dei rischi di contaminazione insiti, per dirne una, nella chimica che l’utilizzo di una teiera in metallo arrecherebbe al bouquet di un tè bianco. Se gli indichi che sarebbe opportuno adoperare dell’acqua speciale, segue scrupolosamente il suggerimento e ne fa provvista. Per il cliente uomo, che quando investe su di sé e sulle sue passioni è per sua natura più propenso a farlo senza limiti di spesa, il tè è qualcosa di raro come può esserlo un buon vino, un whisky, un sigaroche non potranno mai essere assaporati in contesti capaci di turbare il sapore e il gradimento».

È una prerogativa dei consumatori italiani o dei consumatori di tè in genarale? «È una constatazione che deriva dall’esperienza diretta a Milano, la mia città, ma anche dall’essermi confrontata con estimatori di provenienza diversa. Detto questo, ovviamente senza voler in alcun modo etichettare l’appassionato/a di tè, tra i clienti che mi hanno dato le soddisfazioni più grandi ci sono quelli dei Paesi Arabi, effettivamente molto attenti nella selezione, ma anche nella predisposizione ad accogliere consigli. Ricordo, in particolare, una cliente del Kuwait, la migliore di sempre, che aveva una cultura molto aperta e che desiderava avvicinarsi a un mondo nuovo, quale era per lei quello del tè, con tutte le accortezze e dotazioni necessarie ad apprezzarne l’essenza. La sua capacità di spesa remava a favore del suo intendimento, tanto che alla fine mi chiese se fossi sicura che la parcella richiesta non fosse troppo bassa… Retail a parte, alla donna va sicuramente il merito di aver sdoganato la visione elitaria del tè, rendendo la sua degustazione, e le sue ritualità, un’occasione preziosa di convivialità e di incontro. Si pensi alla sacralità assunta dall’appuntamento pomeridiano con le amiche o in famiglia di tradizione tipicamente europea, con le signore inglesi maestre in questa particolare arte del ricevere».

Il tè ha attraversato epoche diverse, segnando il destino di culture e tradizioni apparentemente lontane da noi. La sua rotta è stata motivo di incontro, scoperta e viaggio, anche via mare. «La pianta del tè, Camellia sinensis, ha origine sulle montagne del sud-est della Cina e la sua diffusione in tutto il mondo è avvenuta sia via mare, in direzione Giappone, Corea, Portogallo e America, sia via terra, passando per la trafficata via della seta e per quella dei cavalli. In tutti questi anni di storia le delicate foglie di tè hanno cambiato i destini del mondo. Basti pensare alla Guerra dell’Oppio inglese e a quella d’Indipendenza americana, scaturite entrambe da tensioni commerciali legate alla vendita del tè e al suo prezzo elevatissimo». In che epoca si colloca la sua nascita? «È difficile datare l’apparizione del tè in Cina. L’ideogramma Chà, utilizzato oggi per parlare di tè, è apparso solo nel 600. Nei secoli il modo di preparare e bere il tè è mutato considerevolmente: da zuppa energetica a rinfrescante infuso cristallino, sino a diventare un mezzo per raggiungere la pace interiore e l’equilibrio psicofisico».

La sua “preziosità” è testimoniata non solo da antichi miti e leggende, ma anche dalla sua storia che sin dalle origini ha contribuito allo sviluppo di culture e civiltà. «Il tè, ad esempio, divenne presto un’importante moneta di scambio per molte popolazioni nomadi come mongoli e turchi, che spesso lo barattavano con pelli di yak, seta, cotone e cavalli. Bevanda di poeti e letterati per via della sua spiccata capacità di risvegliare i sensi, rappresenta anche l’elemento principale della dieta di molte popolazioni, come nel caso di quelle tibetane in cui il regime alimentare è ancora oggi prevalentemente di origine animale. Grazie alle sue proprietà antisettiche e antibatteriche, si può affermare che il tè abbia aiutato anche il mondo intero a debellare le malattie malariche». Più il racconto va avanti, più mi convinco che il mio disegno di tè quale caldo appagamento pomeridiano fosse a dir poco elementare. Francesca torna immeditamenete in mio soccorso, spiegandomi che è proprio partendo dalla volontà di offrire un nuovo punto di vista nell’esperienza cognitiva e gustativa di questa meravigliosa bevanda che ha preso forma la sua personale ricerca.

«Ho cercato di trasformare il tè con grazia e impegno. Da commodity di importazione indiscriminata dai peasi orientali a un lusso, quello del tempo e del gesto, così come era all’epoca di Lu Yu: una bevanda sacra e rituale». Chi era Lu Yu? «Il letterato e poeta autore, intorno al 758, in piena epoca Tang, del Canone del tè (il Chá Jīng), il più antico e più importante trattato al mondo sulla coltivazione, la preparazione, l’uso e gli echi letterari del tè». E l’epoca Tang? «La prima delle tre epoche, quella del tè bollito. Copre il periodo dal 618 al 960, quando dalla Cina il tè si diffuse nel mondo e il suo uso introdotto anche in Tibet e in Mongolia. In quest’epoca il tè veniva frantumato e poi compresso in forme ben definite, decorate da iscrizioni e simboli raffiguranti il paese di provenienza e, dunque, il suo valore. Più il viaggio era lungo più il suo pregio aumentava. Così compresso veniva poi sbriciolato nell’acqua bollente e lasciato cuocere parecchi minuti insieme a scorze d’arancia candita, zenzero, sale e cipolle».

Quali epoche seguirono? «Quelle del tè battuto, Song, e del tè infuso, Ming. Dal 960 al 1279, il tè mutò infatti di aspetto e fu allora che i monaci giapponesi, di ritorno dal loro viaggio studio in Cina, portarono in patria la tradizione di bere il tè in polvere, sbattuto con il tipico frustino di bambù all’interno di una grande tazza svasata. Molti dei rituali della cerimonia del ChaNoYu, eseguita ancora oggi in Giappone, nascono proprio in questo periodo, quando il tè divenne un dono prezioso che sottolineava i rituali importanti della vita. Se nel periodo Tang erano solo letterati e monaci ad apprezzare i caratteri di finezza e gestualità del tè, è nel periodo Song che l’organizzazione di sontuosi banchetti nei palazzi imperiali rendeva gli ospiti eleganti e raffinati per il solo fatto di sorseggiare tè. Non solo: in questi anni bere il tè era d’aiuto anche per dimenticare le difficoltà della vita quotidiana, visto il momento storico piuttosto complesso per l’arrivo, dal nord, dei barbari. Durante la dinastia Ming (1386 – 1644) il tè, come lo intendiamo anche noi oggi, divenne una bevanda in cui le foglie infuse, una volta ammorbidite, venivano tolte per lasciare spazio alla degustazione del “liquore” ottenuto. È in quest’epoca che la ritualità del tè si apre a tutte le classi sociali».

Le conoscenze, le esperienze e gli impegni professionali di Francesca Natali contemplano anche la creazione delle carte dei tè proposte da tea room o luxury brand in occasione di eventi a tema, la consulenza per l’impiego del tè in cucina e nei signature cocktail, con collaborazioni con chef stellati e hotel esclusivi, per la formazione del personale di servizio o per le tecniche di vendita del tè. Un universo di competenze legate a un elisir di felicità che meriterebbe un approfondimento a sé e, in ogni caso, da elaborare intimamente. Su una sola cosa mi sento di poter scommettere: se Francesca Natali fosse interessata a conoscere un uomo, a comprendere immediatamente se “persona interessante”, sono sicura che partirebbe con un invito a bere un tè.

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