Quindici minuti di celebrità non si negano a nessuno, figuriamoci due, tempo necessario per leggere quanto segue. Ma andiamo in ordine: lo scorso 7 settembre, abbiamo pubblicato un articolo su Ferretti Group dal titolo Cannes 22, lo schema perfetto della Galassi(a) Ferretti. Lo abbiamo anche postato (come peraltro facciamo per ogni articolo) sulla nostra pagina Facebook. Sono seguiti like e commenti. Di questi ultimi, uno in particolare ha catturato la nostra attenzione. Lo riportiamo qui fedelmente (refusi compresi): «Sulla bellezza osservo che solo I Riva lo sono. I Pershing sono un pugno in un occhio, e così i Ferretti. Itama produce le stesse identiche barche da quando Itama fu acquisita da Norberto Ferretti. I wally sono orridi. Sulla qualità meglio stendere un velo pietoso, così come sulla marinità». Dopo alcune riflessioni, considerato il tono sgradevole e di basso profilo, abbiamo deciso di rispondere: «Gente di Mare 2.0 prende le distanze da questa sua affermazione, ritenendola sterile e denigratoria. Il confine tra libertà d’espressione e libertà di dare aria ai pensieri è segnato dal buon senso. E dalla buona educazione. Cordiali saluti. La redazione».
Ebbene, che i social siano anche (e non solo per fortuna) un mezzo virtuale per sfogare rabbia e frustrazioni reali è risaputo, tanto che il più delle volte non vale la pena dare seguito alle perle letterarie dei cosiddetti leoni da tastiera. In questo caso, tuttavia, abbiamo ritenuto opportuno dire la nostra. Non certo per ergerci ad avvocati difensori di Ferretti Group che non ha bisogno di Gente di Mare 2.0 per tutelare la propria autorevolezza e la propria posizione, ma perché il commento oltre a essere sgradevole, è privo di qualunque argomentazione, nonché degno di «parasoloni» della domenica. Il lupacchiotto di mare in questione, forse, dimentica che un marchio, qualunque esso sia, è fatto prima di tutto da (e di) persone. Per-so-ne. Persone che con la propria competenza e il proprio sudore, concorrono alla realizzazione di un progetto comune. Basterebbe soffermarsi su questo elementare concetto per abdicare al pervicace esercizio della maleducazione in favore del rispetto. Detto questo, siccome al peggio non c’è mai fine, il signore, non contento, probabilmente mosso dal sacro fuoco del qualunquismo, ha rilanciato così: «Semplicemente perché siete pagati….e chi è pagato da chi deve giudicare non può mai essere obbiettivo (vedasi Bulleri). Saluti».
Caro signor come si chiama lei,
quest’affermazione è gravissima, diffamatoria, gratuita. Gente di Mare 2.0 non è al soldo di nessuno. Prima di aggredire la tastiera, di mordere la vita a caso, spenda qualche minuto del suo prezioso tempo per leggere quando e perché è nato, da chi è stato fondato e da chi viene portato avanti Gente di Mare 2.0. Il che non significa certo che il giornale debba essere immune da critiche. Se costruttive sono sempre ben accette. Il suo commento è inqualificabile, oltre che lesivo della dignità e professionalità nostre (persone che, oltretutto, lei neanche conosce) ma anche sue. Ecco perché abbiamo scelto di riportare qui quanto è avvenuto, o se preferisce, di fare il nostro mestiere. Che è indiscutibilmente uno dei più belli al mondo. Su Facebook non daremo più seguito alle sue brillanti opinioni, stanchi di perdere tempo per piccinerie e meschinità che non ci appartengono, né ci appassionano. Che tuttavia, per il simpatico retrogusto comico di cui sono fatte, non cancelleremo. Consapevoli di aver contribuito a ingigantire la cassa di risonanza del suo ego, le auguriamo tante care cose signor come si chiama lei.